giovedì 9 gennaio 2014

In presa diretta

Di Howard Poe


Leggere un saggio, è sempre piacevole. Ascoltare una conferenza, può essere altrettanto bello. Tuttavia, la bellezza delle testimonianze dal vero, è insuperabile. In presa diretta, è un angolo per quelle persone che vogliono raccontare e raccontarsi. Che vogliono parlare di un accadimento personale, che ha avuto a che fare con il mondo della psicologia; a livello di malattia, di vissuto accanto ad una persona in cura da un medico, o presso una struttura sanitaria. Racconti inerenti la depressione, l'ansia, l'ispirazione, la paura delle folle, e qualsivoglia tratto della nostra mente.
Oggi propongo la testimonianza di una ragazza poco più che ventenne.

Nipote di una donna decisamente coraggiosa. Morta da poco, ma molto viva nella memoria di quanti le volevano bene.
Sua nipote mi ha raccontato che sua nonna, da giovane, era stata internata in un manicomio. La signora ci ha passato ben cinque anni. La internò il marito stesso. Poichè questa donna, forte di un malore all'utero, si era rifiutata di concedersi al marito. Questi insisteva con fare da padrone. La sua casa, la sua roba, la sua donna. Questo era il concetto di fondo. Era tutto suo. E con le sue cose faceva quello che gli pareva. Dopo averla presa con la forza, la donna cercò di ferirlo con un paio di forbici. Beninteso che i panni sporchi si lavavano in casa. Anzichè fare accenno alla violenza che le aveva imposto, il marito disse che la donna stava male nella testa. Che era bacata, come una mela con il verme.
La donna venne ricoverata in modo coatto. Tanto più che il marito spingeva per farla internare. La donna subì molte cure, o presunte tali. Subì la compagnia di malati di mente reali, per lo più violenti nelle parole e negli atti. Durante il suo internamento il marito si fece un'amante. Ma poi, i figli, riuscirono a liberare la donna...liberare...questo è il termine giusto. Di fatto era prigioniera. Molte cose sono cambiate da quegli anni. La donna ripeteva spesso che una volta libera, il suo cuore era rimasto con tutti quei malati che non potevano ribellarsi. Ripeteva alla nipote che non doveva vergognarsi delle sue debolezze, e che era un bene che ad oggi la psicologia fosse una parte riconosciuta della medicina. Conservò sino alla fine due fotografie che la ritraevano con un gruppo di malati. E preferì non parlare nel dettaglio, di quello che subì nel manicomio. Sopravvisse al marito di dieci anni. 
A lei il nostro plauso.


Sitografia immagine


http://www.unicas.it/ATENEO/Amministrazione/Personale-TA

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